I sondaggi di Twitter

Twitter ha abilitato la funzione sondaggi e siamo tutti diventati un po’ Istat, un po’ Nielsen, un po’ cretini. Io rispondo a tutti i sondaggi che vedo: ad alcune cause mi appassiono molto ma mi piace anche votare a caso quando non ne so niente o sminchiare i risultati dei sondaggi di chi mi sta antipatico votando di proposito sbagliato, sono molto triste quando non so proprio cosa votare perché magari odio tutte e due le opzioni e non riesco ad andare oltre la mia morale per dare un 2% in più a una delle risposte.
L’altro giorno mi sono confusa ho sbagliato a cliccare e ho votato sbagliato, ci sono rimasta malissimo anche perché la causa era molto importante (una sfida tra biscotti Mulino Bianco), meglio neanche parlare di quando ho visto che la minoranza per cui io avrei votato perdeva malamente, un senso di colpa inenarrabile. Mi arrabbio un sacco anche quando voto giusto ma perdo, perché com’è possibile che gli altri la pensino diversamente, però devo ammettere che c’è un anche un pochino di fighezza-barra-hipsterismo nello stare dalla parte che perde.

I miei sondaggi mi hanno dato molta soddisfazione. Ho esordito con un masterpiece, la Domanda, la Sfida musicale. Che in realtà a me piacciono tutti e due però insomma gli Oasis sono gli Oasis e lo sono da quando avevo 14 anni e avevo i pantaloni rossi con la cintura con le borchie.

Un altro classico è Marvel vs. DC Comics e qui ancora di più non riesco a schierarmi, non mi ricordo nemmeno per chi ho votato: è vero che Marvel sono praticamente tutti i supereroi esistenti, è vero che ci sono molti tra i miei preferiti come Wolverine, Magneto, Professor  X, Groot, Iron man e la prima volta che l’ho visto mi ha fatto venire i brividi pure il primo film di Thor - poi sono rinsavita (presente quando lui sulla terra cerca di alzare il martello e non ce la fa? Ecco, là). Però DC Comics ha Batman e a Batman io ci voglio tanto bene, lui non ha i superpoteri lui ha tanti tanti soldi, non è bellissimo?

Tette vs. Culo è un punto dolente, non voglio spenderci molte parole, voglio solo dire che io sono team culo, perché se hai un bel culo hai anche un bel fisico mentre se hai delle belle tette non è detto. Non voglio spenderci molte parole perché sia il mio pensiero che il risultato mi penalizzano.

Il tema doccia appena svegli o prima di dormire è una cosa che mi incuriosisce molto perché per me quelli che si fanno la doccia la mattina “per svegliarsi” sono degli alieni. Voglio dire, da che mondo è mondo la doccia fa venir sonno e si fa la sera prima di dormire o comunque quando la giornata intesa come “fare cose” è finita: si fa la doccia, si mette il pigiama e poi si mangia, si guarda la TV, si legge, si fissa il vuoto. Il tema è appassionante e si scoprono anche delle cose strane, per esempio si scopre che ci sono delle persone che usano il pigiama solo per dormire, cioè, intendo che quando si alzano si vestono anche se non devono uscire. Non è incredibile? Non voglio fare nomi ma mi riferisco a @Aluzza__.
Altro grande mistero è il caffè: un po’ non mi piace il gusto, a volte mi piace, sicuramente mi piace molto il profumo. Lo bevo la mattina nel latte, a volte lo bevo a lavoro se ho bisogno di svegliarmi, non posso berlo dopo le 3 del pomeriggio perché altrimenti la sera non dormo. Vedo però ovunque gente che ne beve 18 al giorno, mi aspettavo un risultato più schiacciante.


Il comfort food è l’amore, ci voglio bene, ed è un tema che divide. Io personalmente sono dalla parte del cibo da ospedale: minestrina, purè, formaggino molli, riso in bianco… sono tutte cose che non saziano ma che rendono felice. Il sondaggio è ancora in corso, dunque votate amici, votate:



Poi ce la facciamo a fare una call?

Ho provato a mandare una mail ma mi è arrivato l’out of office. Michela per favore vai al meeting e poi fammi un report così brieffo il mio team. No perché io devo fare il phase-out della merce e se non riesco ad avere l’update del work in progess mi restano troppe cose TBD. Io te lo giro FYI, ma l’account mi ha detto che punta molto sul team working quindi dobbiamo discutere su un know-how che ci permetta di avere una vision globale e di esercitare le best practice. Fondamentale è il goal che deve massimizzare i revenues, lasciamo l’assignment in stand-by così ci possiamo pensare e poi facciamo un bel brainstorming.
Ma come stiamo performando? A che livello di engagement siamo? Datemi feed-back.

Il capo

Ti manda una mail per dirti di fare una cosa, poi ti telefona per dirti che ti ha mandato una mail, poi viene di persona alla tua scrivania per spiegarti cosa devi fare.

Ogni volta che viene alla tua postazione ti ruba una penna, che viene sistematicamente inghiottita dal buco nero e va a fare compagnia a Matthew McCosfhiohsfoey nella dimensione parallela di Interstellar. Dopo 4 minuti viene alla tua scrivania e ti ruba un’altra penna. Matthew McCoahsdfhadegey usa le penne per riscrivere la Divina commedia.

Ti da sette minuti per preparare una presentazione di 18 slides urgentissima che gli serve per un incontro con il direttore galattico, e tu la devi preparare mentre lui ti guarda e ti racconta di quale università vuole fare la figlia che è in terza superiore.

Ti chiede di scrivergli una mail in inglese, poi corregge il tuo inglese con traduzioni improbabili.

Ogni tanto fa pulizia dei suoi armadi perché dice che è inutile tenere tutto per sempre. Quindi sceglie cosa eliminare e porta la roba perché la tenga tu.

Se gli mandi il ppt voleva il pdf, se gli mandi il pdf voleva il ppt. Se gli mandi il file per mail non va bene perché lo voleva stampato, se gli stampi una copia non va bene perché lo voleva via mail. Se glielo mandi per mail e gli dai una copia stampata voleva lo stampassi su pergamena e lo inviassi via gufo.

“La prossima settimana sarà difficilissima abbiamo un sacco da fare” → prende ferie.

Fa togliere la macchina del caffè sul corridoio, FUORI dal suo ufficio perché la gente fa confusione e gli da fastidio, e la fa spostare NEL MEZZO di un openspace dove lavorano 20 persone.

La gente che mi rovina l'instagram

Il problema è che vedi quest’angolo di casa perfetto: vorresti viverci certo, ma il primo pensiero è che vorresti instagrammarlo (sì, ho la decenza di non usare il verbo “fotografare”). E quindi ti posizioni in modo che l’angolo sia dritto in modo che la prospettiva non sminchi il tutto (congiuntivo del verbo sminchiare) in modo che non si veda il cassonetto dell’immondizia che è giovedì e la mattina è passato il camioncino a raccogliere l’umido.

Hai calcolato tutto, sei pronto.
Però c’è la gente.

L’instagram è pieno di gente in grado di fotografare la perfetta simmetria di piazza San Pietro di Roma, le colonne del Duomo di Boh o gli ombrelloni della spiaggia di Minchianeso marittima, il tutto vuoto. V-U-O-T-O. Senza persone. Come fanno?

Perché quando cerco di fare una foto io c’è sempre qualcuno in mezzo e qualcuno di non interessante. voglio dire, se proprio devi metterti in mezzo mentre sto per fare una foto almeno abbi la cortesia di essere un vecchio così posso usare l’hashtag #notmynonni oppure un soggetto interessante come una magrissima ballerina col tutù bianco sulle punte o un bambino carino (per carità) che fa le bolle di sapone giganti. Altrimenti sei proprio inutile, stai a casa e non rovinare le foto agli altri.

Poi un giorno parliamo anche delle 500 che gli altri trovano parcheggiate dritte di fronte a palazzi Liberty con base di foglie secche e cielo plumbeo autunnale, e io davanti al portone di un garage mezzo arrugginito o a un cassonetto della plastica, magari anche con qualche borsina appoggiata per terra.

Jack, ti amo, torna da me

Si può, a quasi trent'anni,essere innamorati di una persona famosa come una che di anni ne ha 14? Peggio di una directioner dico, stare male a pensare che lo ami e non lo avrai mai. Passare il tempo a guardare le foto, i video, le interviste, i live soprattutto, perché nei live vedi tutte le mossette che sono più naturali. Poi vai a vederlo dal vivo e ciao, è la fine perché te lo vedi lì a 5 metri, è una persona vera non è neanche tanto alto, suda come una persona normale e parla e beve e tu come un'idiota passi un'ora e mezza con la faccia appoggiata alla mano a fissarlo con sguardo sognante, a sorridere quando dice le parolacce e pensare meno male che è buio sennò vedrebbero tutti l'espressione idiota che ho in questo momento.
Che poi quando ce l'hai davanti vedi proprio le cose stupide proprio quelle che noti delle persone che ami, vedi che batte il piedino a ritmo mentre suona e poi quando deve andare in alto con la voce lo batte più forte come per darsi la spinta, vedi che non è abituato a cantare senza chitarra in mano e quando non ce l'ha fa tutte queste mossette da autistico, vedi come sembra ghei quando suona il tamburello.
E soffri a pensare che non ce l'avrai mai. Oh io non lo so se questo è amore, per me sì.


Spam, scusate

Ma per esempio, voglio dire, perché voi adesso non prendete e andate a leggervi il numero nuovo di Sparkle Magazine, passate un po' il tempo, bevete il caffè con calma, vi fate due risate. E poi per pranzo vi cucinate la mia ricetta, così mangiate qualcosa di buono e state leggeri.


Di problemi con cui se avessi soldi parlerei con un professionista

“Dai compralo il mascara”
“Ma ne ho già uno”
“Eh vabbè, per provare”

No. Cosa vuol dire questa cosa. Non sono d’accordo. Perché devo averne due che poi la mattina sono incerta su quale usare e stanno aperti tutti e due e si rovinano e mi tocca buttarli prima. Perché devo comprare un mascara se ne ho già uno. E lo stesso vale per tutto il genere, infatti io ho uno di tutto: un fondotinta una cipria una terra un fard un correttore un eyeliner un mascara un ombretto per le sopracciglia un mascara per le sopracciglia. Ho tre rossetti, e la cosa mi manda a male perché uno è il mio preferito e metterei sempre quello e però mi dispiace per gli altri allora qualche giorno metto gli altri e qualche giorno non lo metto perché non ho voglia. Ma nel mio cervello io vorrei mettere sempre il mio preferito. Se vado da sephora infatti, continuo a guardare i vari brand cercando quel particolare colore e poi penso “ma sei scema ne hai uno cosa te ne servono due dello stesso colore?” e metto giù. E poi, se compro qualcosa per provarlo e quella seconda cosa mi piace di più di quella che avevo già? La prima la butto? Infatti tornando al mascara, adesso ho un campioncino che mi manda a male perché non riesco a reggere questa cosa di avere due mascara aperti anche se uno è solo un campioncino, quindi ora sto usando solo il campioncino per finirlo il prima possibile. Oltretutto LO AMO e lo vorrei comprare ma ho appena iniziato l’altro e quindi ora rimarrò depressa perché dovrò usare un mascara che non mi piace tanto in attesa di finirlo e comprare l’altro. Per non parlare degli ombretti, dato che sto usando un ombretto vecchissimo per finirlo e poter poi essere libera di usare la Naked che avrà ormai un anno e non ho quasi toccato, e alla velocità con cui si finiscono gli ombretti inizierò ad usarla sui 35 anni. Che poi gli ombretti sarebbero la tipica cosa da avere doppia, perché un giorno di trucchi di blu e un giorno di nero e un giorno di beige e boh, io credo di non avere quel gene nel cervello.

Credo sia in parte un problema di soldi, perché purtroppo sono povera ma sono anche una vittima del marketing e non trovo molta soddisfazione nel comprare tipo Kiko (anche se il mio rossetto preferito è proprio Kiko) ma neanche dai vari brand più o meno professionali come Mac, Make up forever o Benefit con prezzi medi. No, noi qua vogliamo bene ai mascara di Lancome e alle confezioni inutilmente belle e costose perché siamo scemi (che poi comunque credo col mio metodo di spendere meno di quanto spende la donna media).
Come mi fa incazzare aver speso 30 euro per la terra di Benefit che sarà anche tanto bella e buona ma ha la confezione di CARTONE e lo specchio che si imbarca come quello delle trousse del cioè. Ma questo è un altro discorso.

Oltre ai soldi però ci metto dentro però anche un bel po’ di ossessività. Nel senso che lo faccio anche per altre cose che non valgono niente, per esempio a lavoro ho la mia penna (rosa porcellino con una testa di porcellino sul tastino sopra, è davvero bellissima e soprattutto sobria e professionale) e uso sempre quella con l’intento di usare solo quella e finirla. Lo stesso facevo a scuola o all’università, non succedeva mai che avessi due penne blu consumate a metà. Oppure più bottigliette d’acqua aperte, giammai. E le scatole del the? Parliamo delle scatole del the: è normale averne più di una se ti piace il the perché ogni giorno così scegli quale bere, magari un giorno hai voglia di quello alla menta e un giorno dell’earl grey. È normale dici, sì. Però comunque io quando apro il mobiletto e vedo quattro scatole sono destabilizzata, e certe volte mi rendo conto che ne scelgo uno di cui magari mi mancano tre bustine solo per poterlo finire e buttare la scatola mezza vuota il prima possibile.

Che bella cosa deve essere il mio cervello, eh amici, lo so lo so.

L'ennesimo post che parla di grassi e magri

La settimana scorsa ho scritto questo post che iniziava con: è qualche giorno che non vedo la gente discutere della questione obesa-curvy-grassa-magra. Poi è uscito il numero di MarieClaire con in copertina la modella taglia 38 ed è scoppiata la polemica. Di nuovo. E anche se si parla di magrezza, tirano fuori i grassi, perché è tutto un calderone e non si capisce più niente.

Quante persone ancora ce lo vogliono dire che curvy è diverso da obeso? Basta gugolare “curvy obeso” per trovare decine di blog che ci spiegano questo complicatissimo e oscuro concetto convinti di essere i primi a rivelarci la grande novità. Alcuni post sono del 2015, alcuni degli anni precedenti fino ad arrivare al 2011 ma fa niente, facciamoli contenti e facciamo l’espressione stupita.


Di più, commentiamo esprimendo la nostra gratitudine per avercelo finalmente fatto capire.

Tuttituttitutti devono dire la loro, e lo sto facendo anch'io quindi taccio e vado avanti, perché quello su cui vorrei concentrarmi è un altro aspetto di tutto questo casino. Chi scrive questi post? Perché mi pare di aver notato che la maggior parte siano taglie 38, che dopo averci informato di essere taglie 38 (o meno). spiegano che la ciccia è bella se non è troppa, che bisogna accettarsi, che si è belli comunque, che se non riesci ad accettarti allora quella è la spinta a cambiare.
È incredibile come le taglie 38 siano così consapevoli di cosa si prova ad avere qualche kg di troppo. Strana coincidenza poi, il fatto che molto spesso queste persone non abbiano MAI avuto qualche kg di troppo e anzi, siano di quelle simpatiche odiose persone che mangiano Nutella alle 3 di notte col cucchiaio e non metto su un etto.

Di solito, dopo 5 minuti la stessa taglia 38 pubblica una foto con la spalla dislocata per far uscire l'osso della clavicola e sembrare sottopeso con didascalia "quando ero magra, due giorni fa". Cioè prima di aver mangiato la pizza.

10 minuti e la stessa taglia 38 parte con un'arringa di difesa alle *troppo magre*, poverine le *troppo magre*. Loro sì che conoscono la vera sofferenza, quella delle persone che ti dicono "ma come sei magra / mangiati un panino" senza rendersi conto di quanto questo le faccia soffrire. "Come se io andassi da una grassa a dirle "magna de meno"" ti dicono, che avrebbe senso come discorso, se non fosse che i commenti alle grasse sono così all'ordine del giorno che nemmeno te ne rendi conto. Tutti commentano le grasse, anche la taglia 38 paladina della giustizia.
Io non vorrei fare lo stesso errore (dalla parte opposta), non vorrei dichiarare di sapere cosa si prova a ricevere commenti sulla magrezza perché è una cosa che non ho mai vissuto. Però non riesco, con tutta la diplomazia e l’oggettività di cui sono capace, io continuo a vedere da una parte gente che dichiara apertamente la propria taglia e dall’altra persone che invece la nascondono e se ne vergognano e quindi no, non penso faccia male allo stesso modo.
Siamo d'accordo che in un mondo ideale né la magrezza né la ciccia sarebbero commentate, ma visto che il mondo ideale non è, difendersi con "come se io andassi a dire una grassa che è grassa" non regge.

Starbucks arriva e ha già stufato

Non lo vogliamo!
Loro non sanno cos’è un vero cappuccino!
Gli dobbiamo insegnare come si prepara il caffè!
Non sappiamo proteggere il made in Italy!
Chi li vuole quei beveroni!


Immagino questa gente non abbia mai preso uno smoothie nel tipico bicchiere di plastica con la cupola e la cannuccia larga, non avrà mai mangiato e instagrammato un bagel o un hamburger, fatto merenda da California Bakery o Arnold coffee o in una delle varie caffetterie americane che ormai sono dappertutto, non solo a Milano. E chissà come mai, ci indigniamo tanto ma sono sempre piene.

Certo il pericolo è reale, quello Starbucks che aprirà in centro a Milano e forse Roma metterà in serio pericolo il bar sotto casa in cui tutti beviamo il cappuccino la mattina. E come soffriranno i nonni abituati a bersi il doppio espresso corretto grappa la mattina alle 7.00, quando leggendo il menù si ritroveranno davanti cose come Double chocolaty chip crème frapuccino®. Mi immagino le stragi a colpi di deambulatore.

Ma per esempio, lo sappiamo che in Italia esistono gli aeroporti e le stazioni? Aeroporti tipicamente caratterizzati da un'offerta internazionale. Stazioni dove qualcuno rinuncia al caffè perché non lo può portar via. Città piene di turisti stranieri che vogliono sentirsi a casa come gli italiani che vanno in Uzbekistan ordinano la pizza perché hanno paura di finire a mangiare carne di nutria.

Ma pure io sono blasfema e non rispetto le nostri tradizioni: anche la paura dei vari McDonald’s e Burger king si è rivelata totalmente fondata e ha sostituito la cucina italiana eh.

Questa non è una recensione

Ogni volta che mi metto in testa di fare una recensione vado in crisi: il primo motivo è che odio le recensioni. Non le leggo, non leggo le trame sul retro, nel mio cervello qualsiasi cosa vada oltre il "mi è piaciuto/non mi è piaciuto" è spoiler, non voglio sapere niente.
Potremo parlare quindi di come io scelga cosa leggere e la risposta è: totalmente a caso. Mi basta una mezza frase, un titolo tanto sentito nominare ma mai cercato, un autore che tutti citano, una bella copertina. Oppure vago in libreria e prendo qualcosa a caso. Di solito ci prendo.
Dicevamo dunque delle recensioni, non mi piace leggere prima di cosa parla un libro, quindi non mi piace dirlo agli altri. Conseguenza, non so cosa raccontare: non voglio raccontare la trama e - arrivando al motivo numero due - ho paura di non rendere giustizia. Perché ovviamente, se proprio sento la voglia di fare una recensione, vuol dire che quel libro mi è piaciuto. Mi è piaciuto tanto. Non ho la proprietà di linguaggio di un esperto, non ho letto abbastanza per essere in grado di dare giudizi, a volte non mi so neanche esprimere tanto bene e quindi ho paura di non riuscire a raccontare quello che ho pensato, quello ho provato, ho paura di non riuscire a convincere nessuno quando vorrei convincere tutti.

L'ultimo libro che ho letto l'ho preso per caso. Avevo sentito nominare questo autore, ma non riuscivo a collocarlo da nessuna parte, non rientrava in nessuna delle caselle del mio cervello tipo Franzen = pippone o David Foster Wallace = hipster. Queste sono le mie categorie, sì, mi perdonino i letterati e i vari fan.
L'ho preso per caso perché era in evidenza su una colonnina e aveva uno sconto. Ho letto due righe sul retro e ho detto boh, proviamo.

Alla seconda pagina ho detto "minchia, figo", al secondo capitolo avevo gli occhi spalancati a palla, al terzo bestemmiavo in aramaico perché era tardi e mi si chiudevano gli occhi e non ce la facevo fisicamente ad andare avanti. A metà libro ogni tre pagine scuotevo la testa sconvolta e mi ripetevo "siamo delle merde", a 15 pagine dalla fine ho scritto all'amica Gloria "io non lo voglio finire, lo mollo qui". A 10 pagine dalla fine mi è venuta la pelle d'oca, veramente, non per modo dire. All'ultima frase ero sconvolta, senza parole, esausta, ferma sul letto per mezz'ora a fissare il muro bianco o forse il vuoto o chissà che.

Questa è la mia recensione.

Leggete "Cecità", José Saramago.

Chi ha mollato Luca?

I ricordi vengono dalle cose più stupide: da una foto, da un vestito, da una canzone. 

In questi giorni per esempio, mi ritrovo spesso in auto a ridere e piangere insieme, ogni volta che ascolto Mare mare mare che Luca Carboni ha rifatto con Cesare Cremonini e che passa in radio ogni dieci minuti. L’ascolto e rivedo la piccola Michela, al mare con la nonna che durante la passeggiata serale chiede a tutti i signori dei piano bar di cantare Mare mare mare e l’ascolta e la canta con la nonna, mentre la coppa gelato si scioglie e lei va su e giù sul dondolo. I bar al mare avevano sempre i dondoli, una volta, adesso invece è tutto un sedie in legno finto vecchio e in ferro battuto finto vecchio e bancali finti vecchi.

La settimana scorsa si è sposata quella che è stata la mia migliore amica delle elementari e delle medie: compagne di banco a scuola con tanto di lacrime quando erano i maestri a spostarci, compiti ogni giorno a casa mia o a casa sua, svariati diari tenuti a quattro mani, lei che mi copre e dice che ero a casa sua quando andavamo in discoteca la domenica pomeriggio ma i miei non lo sapevano, io che il sabato dietro la chiesa chiacchiero con suo “moroso” perché lei non ha il coraggio di parlarci. Alla fine delle medie la disperazione perché si andrà in due scuole diverse ma “la lontananza non ci dividerà! Saremo amiche per sempre!”, è durata tipo un mese e mezzo. Si è sposata e a me l’ha detto mia mamma, e per una settimana ho rivissuto tutte le medie: quei sabati dietro la chiesa, la Celeste, unica persona in vita mia a cui ho avuto il coraggio di dire in faccia “mi stai antipatica”, i primi pomeriggi in discoteca, i primi limoni.

La cosa strana è però quando qualcosa ti ricorda una cosa che non esiste. 

Ero molto triste quando Mad men è finito, perché Don Draper mi ricorda mio nonno. Mio nonno non era un pubblicitario ricchissimo alcolizzato bugiardo cronico con mille donne, era solo un contadino, era solo un uomo di quel periodo lì. In casa c’è solo una foto, e mostra un uomo alto e magro e bello come Don Draper, con i capelli appiccicati in quella maniera lì degli anni ’60, con i pantaloni larghi a vita alta, la giacca e la cravatta come Don Draper. Mio papà dice che era cattivo, che quando diceva una cosa tutti obbedivano e le prime volte che lui andava a trovare mia mamma gli faceva paura. Come Draper.
Io non ho mai conosciuto mio nonno, quindi quando vedo Don Draper vedo mio nonno.

E poi ci sono invece interi capitoli di vita dimenticati. Tipo Luca, il moroso che a 16 anni mi mandava gli SMS "Buongiorno principessa" e subito dopo "Oh scusa, ho sbagliato numero". Com'è finita? L'ho mollato io? Mi ha mollato lui?

Mamma scusa, tanto poi lo cancello

Quando si smette di essere influenzati dai propri genitori? Si smette mai di essere influenzati dai propri genitori?
Ormai l'ho capito, i miei genitori non credono in me. È passato quasi un anno, sto bene, non sono dimagrita (porca troia)(però mamma vedi, vuol dire che mangio), esco poco ma comunque più di quanto facessi quando ero a casa con loro, esco da sola e anche con la gente.
Ad ogni cosa che succede, mia mamma mi dice che ho l'ansia: non ho dormito la notte, perché magari il giorno prima ho bevuto troppo caffè no? No, ho l'ansia. Ho mal di stomaco, magari ho mangiato qualcosa o ho una malattia o magari sto male accazzo, capita che ti vengano cose a caso senza motivo e poi passino da sole. No, ho l'ansia.
E lei me lo dice e io mi incazzo e ci resto male e mi viene da piangere perché penso che i miei genitori non credono in me ma non glielo posso dire perché poi loro pensano che io pianga perché ho davvero l'ansia e invece no sul serio non ce l'ho.
Non su questo.
Amo la mia casa, amo dormire da sola, amo addormentarmi sul divano mentre mando note audio sceme e capottarmi su per le scale del soppalco mezza addormentata. Amo arrivare a casa da lavoro e togliermi i pantaloni e stare sul divano in mutande e girare per ore in accappatoio dopo la doccia. Mi piace  prepararmi le cose da mangiare quelle serie tipo la pizza che ne mangi un pezzo e il resto lo congeli e mi piace mangiare il prosciutto dalla busta seduta sul divano mentre leggo I 3 moschettieri.
Mi piace stare qui, mi da fastidio quando ho un giorno di riposo e la prima cosa che fanno è chiedermi se ho intenzione di andare a dormire lì.
E a dirgli che sto bene qui mi sento stupida.
Quindi niente, alla fine succede come al solito.
Ci devo credere da sola.

Quel giorno che ho perso l'uso delle braccia

Mi sento di denunciare questo mondo dell’internet bugiardo.

Le ho viste quelle foto before-after con le signorinelle più o meno traccagnotte nel before e la versione asciutta, tonica, MAGRA nell’after. Li ho letti i testi motivazionali di supporto pieni di “sì ce la puoi fare anche tu!” per non parlare dell'entusiasmo delle adepte che sembra un po' quello dei partecipanti a una setta in overdose di punti esclamativi "È bellissimo! Mi diverto un sacco! Mi sfogo! Mi ha cambiato la vita!".
E ti ho vista Kayla, maledetta Kayla, mentre fai le flessioni con quell’espressione rilassata e sorridente.

Quello che non ho mai letto è il codice pantone della tonalità di fucsia che assumi dopo il work-out. Il numero di ore, sì ORE, in cui quel color fucsia rimane sulla tua faccia. Tutte quelle volte in cui ti ritrovi seduta sul divano a guardare un programma che non ti piace perché il telecomando è lontano e no, non ti alzi, non sei in grado di ripetere quel movimento così simile allo squat. I consigli per non morire giù per un fosso quando dopo l'arm workout devi guidare ma le braccia non funzionano, hanno un fuso orario di un paio di secondi col cervello e rispondono in modo strano agli stimoli. Le tecniche migliori per lavarsi i capelli senza usare le mani perché no, le braccia non le vuoi alzare. Il numero di bestemmie tirate quando ti viene da tossire o starnutire e mannaggia agli addominali bassi alti orizzontali verticali obliqui e rovesci e perpendicolari. 

Ho fatto la prima settimana, poi ho lasciato perdere. Ho fatto la prima e la seconda settimana, ho lasciato perdere di nuovo. Poi scorrendo facebook ho visto delle foto di before-after che mi hanno fatto tornare la voglia, ho pensato dai, è solo mezz'ora tre volte la settimane ho riprovato una terza volta. Sì, ho mollato di nuovo e sono andata a correre.

Ah, la spontaneità di instagram.

Quante volte succede che stai camminando e improvvisamente ti stoppi come se avessi sbattuto il muso su una porta a vetri, sensazione conosciuta perché inutile negare, tutti abbiamo sbattuto contro una porta a vetri almeno una volta nella vita. Io una volta ho anche sbattuto contro un cestino dell’immondizia, l’ho ribaltato e mi ci sono ritrovata a cavalcioni, ma questa è un’altra storia.

Dicevo, ti stoppi perché hai visto qualcosa: una Celine classic box nera in vetrina, un dilf che gioca con un bimbo piccolo, una pavlova ai frutti di bosco del diametro di mezzo metro, il bosco sull’argine riflesso sul fiume. Chi se ne frega dei boschi. Qualche anno fa a nessuno importava dei boschi, adesso tutti amiamo i boschi.

I tuoi occhi sono già impostati sul formato quadrato, nella testa fai le prove su dove posizionare il pelo dell’acqua: al centro della foto per un effetto simmetrico tra la parte sopra e il riflesso, più in basso per mostrare il cielo, più in alto per mostrare il riflesso. E se capovolgessi il tutto? Il filtro l’hai già applicato a prima vista per accentuare il verde-blu dell’acqua, hai già aumentato la luminosità per rendere più evidente il riflesso e ridotto l’esposizione perché l’effetto accecante è un no.

Il tempo di mettere in atto quello che hai già immaginato e puoi caricare la foto, ma prima c’è da valutare il posizionamento nella gallery: qual è l’ultima foto che hai pubblicato? Quali foto ci staranno vicine? I soggetti sono simili? Si abbina cromaticamente? Il soggetto è coerente con quello che pubblichi di solito?

Alla fine, prima o poi, pubblichi la foto. Subito, nel giro di pochi secondi, oppure dopo giorni, settimane, mesi che se n’è stata lì salvata nell’app senza degnarla di attenzione. Pubblichi e devi trovare un titolo decente e non ti viene in mente niente: c’è quel tuo amico che mette sempre il titolo di una canzone ma se lo fai tu è una copia, la poesiola è roba da zoccole decerebrate, puoi fare un commento simpatico purché non sia troppo simpatico da risultare forzato, non mettere un titolo è fuori discussione perché la foto va completata, ecco, se sei fortunato trovi un emoji di quello che c’è nella foto e la cavi con poco.

È finita dici, ti puoi rilassare. Seh, COME NO, adesso arriva la fase peggiore, quella del giudizio. Se sei convinto di aver fatto una bella foto, stai sicuro che la gente ti ignorerà e ti ritroverai a trovare mille scuse tipo l’orario di pubblicazione sbagliato o la didascalia o cose a caso. Se la foto ti sembra bruttina e anzi, continui a riguardarla pensando che è brutta e che non sta bene tra le altre ed è meglio cancellarla, quella è la foto che ti farà fare il record di like, quella è la foto che otterrà più like del tuo selfie migliore e ti porterà alla depressione.

Quindi se qualcuno mi vuole bene e non vuole che mi deprima  il mio profilo Instagram

Non mi piaci Jovanotti, però

La foto della scuola non mi assomiglia più
Ma i miei difetti sono tutti intatti
E ogni cicatrice è un autografo di Dio
Nessuno potrà vivere la mia vita al posto mio
Per quanto mi identifichi nel battito di un altro
Sarà sempre attraverso questo cuore
E giorno dopo giorno passeranno le stagioni

Ma resterà qualcosa in questa strada

Jovanotti, Mezzogiorno


Alla conquista di Tinder

La prima volta che ho scaricato Tinder non avevo neanche capito cos’era, ma tutti ne parlavano. Allora scarico, guardo, capisco in un attimo: è come un catalogo di uomini, vedi un paio di foto e puoi fare sì o no. Ovviamente sono solo curiosa di vederli quindi faccio no no no no no.

Poi non l’ho più badata, l’ho lasciata lì e l’ho cancellata in uno dei vari raptus di pulizie di primavera del telefono.

L’ho scaricata di nuovo qualche giorno fa, ma l’ho fatto per bene: ho impostato il raggio di km e l’età, ho caricato le mie foto migliori (e le più false) e ho iniziato a sfogliare.

No no no no no no no no – mamma mia che cessi

No no no no no no – guarda questo deficiente che fa lo sguardo sexy alla macchina fotografica, ma cosa fai, non è mica la pubblicità di Calvin Klein

No no no no no no no no no no no no – minchia quello era carino ma non si può tornare indietro, magari era la mia anima gemella, vabbè amen ormai è andato

No no no no – “mi piace sculacciare e dominare” ma AHAHAHAHAHAHAHAHAH ma Jamie Dornan de noantri vaffanculo va
No no no no no – la foto degli addominali? Veramente? Dovrebbe farmi voglia?

No no no no no no – oh, carino lui, magari faccio sì? E se faccio sì e ha fatto sì anche lui? E se mi scrive? Ma gli devo rispondere? E poi che si fa? No

No no no no no no – ma perché tutte le foto sono quelle dei fotografi delle discoteche? Quanti anni hai 17?

No no no no no – ehi, guarda questo: ha delle foto normali, ha i capelli ricciolini, dai, faccio sì, ma solo come esperimento sociale sia chiaro

Sì – “L’interesse è reciproco! Tu e Cristian avete espresso interesse l’uno per l’altra.” Sìììì ha fatto sì anche lui! Aiutoooo ha fatto sì anche lui! E adesso? E se mi scrive? Speriamo non mi scriva. Speriamo mi scriva. No meglio di no, tanto non ho il coraggio di rispondere

No no no no no no no – vabbè quello di prima caso unico, ho capito

No no no no no – cheppalle, mi sto annoiando

No no no no no no – vestito e ventriquattr’ore, ma ‘ndo vai business man dei poveri, ma tiretea manco

No no no no – ehi anche questo è carino, ci riprovo dai

Sì – “L’interesse è reciproco! Tu e Nicola avete espresso interesse l’uno per l’altra.” Mado’ che figata, 2/2 Mic vai che sei forte
No no no no no...

“Simone ti ha scritto un messaggio” – Ma come Simone ha scritto, ma cosa scrivi Simone e poi qual era Simone, ma chi ti ha dato il permesso? “Ciao!” E adesso che faccio? Ok la soluzione la so, fingersi morta.

Perché Benefit mi sta antipatico

Tutte le ragazze che conosco, tranne l’amica Chiara che però non ci legge (ciao Chiara), tutte le ragazze che conosco amano Benefit.

Amano i prodotti che a quanto pare sono di grande qualità, ho letto grandissimi elogi al magnifico correttore, forse il migliore del mondo che però io dall’alto della mia quindicennale esperienza in tema di correttori non ho mai provato. Il mascara They’re real ha grandi fan, molte lo considerano meglio di Lancome (tzé) e non parliamo neanche dei vari prodotti per le sopracciglia: mini mascara, matite, kit completi di tutto sono famosissimi, così come i Brow bar in cui pare ci sia gente miracolata dal dono di dio in grado di cambiarti i connotati a suon di pinzette.

Ma queste ragazze, queste stesse ragazze, loro non amano solo i prodotti, loro amano Il Packaging. Benefit è il re del packaging nel mondo della cosmesi, con i suoi colori pastello, le immagini vintage, il font così sempre piacevolmente retrò, i nomi dei prodotti particolari e simpatici. È inutile dire che è la prima cosa che viene in mente, per quanto i prodotti possano essere buoni, ti viene in mente una signorina con i capelli cotonati seduta su una vespa con gli occhiali da sole a cat-eye e il rossetto rosso.

Ecco.

A me sta tutto immensamente e forse immeritatamente antipatico.

I prodotti sono sicuramente buoni, non li conosco e anche se li conoscessi non ne so abbastanza di trucchi per giudicare.

Ma è tutto così tanto basato sull'immagine, così troppo basato sull’immagine l'Immagine l'IMMAGINE che CHEPPALLE io butterei tutto in mare per vedere se diventa rosa anche lui.

L’altro giorno succede che da un giorno all’altro finisco la terra, che è una cosa strana: la terra è una delle cose che compri e non finisce mai, magari arrivi a consumare il centro e poi ti stufi o la lasci marcire in un cassetto e te la dimentichi o la rompi. Invece io l’ho finita (dopo anni e anni e anni) e mi reco fiduciosa da Sephora in cerca di una “terra senza brillantini” (me l’ha detto l’Aluzza di dire così e io l’ho fatto perché l'Aluzza ne sa). La commessa si avvicina allo sgabiotto della roba Benefit, io spero che a un tratto devi il tragitto andando verso qualcos’altro ma niente, va proprio là. Mi mette questa terra addosso ed è bella, colore giusto, mi sta bene. E adesso? L’ho guardata negli occhi e le ho detto “Sì, bella, mi piace, ce n’è una uguale di un’altra marca che Benefit non mi piace?”. La signorina ride e si mette a girare per gli stand guardando e cercando nella marea di terre brillantinate e l’esito è “Sì, ci sono, c’è Chanel e c’è Guerlain”. Prezzo: il doppio.

E l’ho comprata signori. Ho comprato una terra che la guardo ed è brutta. Prima cosa che ho fatto è stato mandare una foto all’Aluzza. Ma si può fare una terra con una scatolina di un bordeaux brutto? Con sopra disegnati dei rami di bambù? Con i rami di bambù anche sui lati?
Ma solo dopo ho notato la cosa peggiore: la confezione è di cartoncino. Come i trucchi che davano in regalo su Top Girl. Come quelli finti delle bambine. Come quelli che trovi nell’uovo di pasqua. Cioè, anche la collezione base di Kiko è più curata. Perfino la nuova appena comunicata di H&M ha un bel packaging.

33.50 € per una scatolina di cartone.


Lo tzusami delle pulizie

Hai presente quelle case nei film, sempre così fintamente disordinate. Con i cumuli di riviste usati come comodino, poltrone trasformate in armadi, tutta la dispensa in una mensola con la pasta messa nei barattoli e lo zucchero messo nei barattoli e i cereali messi nei barattoli. Che io mi faccio influenzare e l’altro giorno stavo per comprare un barattolo con davanti un’etichetta effetto lavagna con l’idea di metterci i cereali e lasciarli fuori invece che riporli nel mobiletto, poi sono rinsavita.

Non è mica così quando vivi da solo, quell’effetto disordinato ma non troppo, il disordinato bello da vedere non esiste.
Esiste invece il disordinato che a un certo punto non sai dove sono i calzini con i fiocchi di neve e li ritrovi seppelliti sotto un mucchio di altra roba, che devi preparare la cena ma non hai pentole pulite, che ti devi mettere il fondotinta e non hai spazio per appoggiare la boccetta.

Ebbene, succede. Succede anche se sei una persona tendenzialmente ordinata. Succede anche se sei una persona tendenzialmente ossessiva. Succede.

Succede che ti spogli e lasci i jeans sopra il letto, tanto per dormire te ne serve metà. Succede che fai la doccia, prendi le mutande per cambiarti e lasci il cassetto aperto. Ti asciughi i capelli, hai il phon appoggiato sul mobile e staccare la spina e rimetterlo via costa cooooosì taaaaanto sfooooorzo. E poi ceni e hai sporcato solo un piatto e una pentola e allora lasci lì, poi il giorno dopo fai colazione e cosa fai, sciacqui la tazza quando hai anche il piatto da lavare, e poi a cena succede che hai da fare e non hai voglia e lasci là e niente. Poi apri la posta e metti la busta sul tavolo e pensi “la butto dopo”. Un accumulo di insignificanti piccole cose, che fatte immediatamente richiederebbero 4 secondi l’una e che finiscono per sommarsi e trasformare la tua casa in un campo rom.

E alla fine ti guardi intorno e ti viene l’esaurimento nervoso e inizi a sistemare con metodo “onda tzunami” partendo da un angolo della stanza che vuol dire appendere la giacca all’attaccapanni e ripiegare il plaid del divano e finisci per fare due lavatrici e lavare i piatti e pulire anche le tazzine del Barcellona che ti ha lasciato la proprietaria e che hai infilato in fondo in fondo al mobile e che non vorresti vedere mai più e lavare i bagni e cambiare le lenzuola e anche il coprimaterasso. 
Il tutto in preda a un entusiasmo inconcepibile. 
Di solito dopo le 11 di sera.

Il bianco, il blu e il beige

Lunedì mi sono messa i jeans, la camicia bianca nuova. Sono andata a lavorare.
Martedì ho messo i pantaloni neri, una camicia bianca. Sono andata a lavorare.
Mercoledì ho messo i pantaloni blu, un'altra camicia bianca. Sono andata a lavorare.
Cardigan nero o blazer grigio o niente.
Sotto ballerine nere o color crema.

Penso a cos'ho comprato ultimamente: un paio di stringate nere, stivaletti neri, slip-on nere. Una borsa rigida in saffiano nera.
Cosa sto guardando nei negozi? Passo davanti a Gucci e resto imbambolata davanti alla Disco bag che prenderei in nero o beige. Certo quella di Marc Jacobs ci assomiglia e costa un quarto, beh, sempre troppo.
Non riesco a capire le scarpe. Mi sono stufata delle ballerine ma non vedo alternative; vorrei un altro paio di slip on, magari chiare come quelle che Vans ha fatto per Other stories, ma con il caldo si muore, i sandali mi stanno un po' antipatici, non so se è perché non mi piacciono i piedi o perché non ne ho mai trovati di comodi o che non facessero le vesciche. Mi piacciono le ballerine con la punta e i laccetti sul davanti ma non addosso a me.

Non guardo nemmeno vestiti, jeans, pantaloni. Non riesco a vedermi con nient'altro che con la mia divisa un po' da maschietto.
Sarà che sono noiosa e le cose che mi piacciono sono uguali a quelle che ho già, sarà la dieta che a singhiozzo che non mi fa voglia di comprare cose nuove.
Comprerei decine di pigiamini, quelli sì.


Valutazione annuale a lavoro: "Michela, metti di più il rossetto"

Quindi c'è stata la valutazione annuale a lavoro.
Chiunque sia capo di qualcuno deve compilare questa scheda in cui vengono valutate cose importanti come la cura degli strumenti di lavoro, l'atteggiamento con i colleghi, l'autonomia, le competenze di marketing. Nessuno sa perché nella valutazione generale siano inserite le competenze di marketing, in un'azienda come tutte composta da ufficio marketing sì, ma anche commerciale, R&S, acquisti, manutenzione, design, amministrazione.
La valutazione è da 1 a 5. Le mie competenze di marketing mi insegnano che in un questionario è meglio mettere un numero pari di risposte, altrimenti si rischia che tutti rispondano il valore medio. Con un numero di risposte pari invece anche chi vuole dare un voto medio è costretto a dare una preferenza verso il basso o l'alto. Vabbè, facciamo che a quelli delle risorse umane sul marketing mettiamo 1 e via.

Il mio capo mi convoca e mi mostra la mia scheda, mi dice che ho una media superiore ai voti degli altri (che lei non ha visto, ndr). Mi dice che sono cresciuta molto nell'ultimo anno, che lavoro bene, che mi lascia fare perché vede che sono autonoma, che sono molto brava a organizzare il mio lavoro e a coordinare quello dei miei colleghi. Mi dice che so capire le priorità tra i vari lavori e in caso di crisi so quando è importante rispettare le scadenze a costo di un lavoro frettoloso, e invece quando il lavoro frettoloso non va bene ed è meglio ritardare un po' ma fare bene.

Poi mi dice che sono una persona discreta, che non perdo tempo in chiacchiere, che non sono una che si fa vedere a tutti i costi. Mi aspetto che sia un complimento, mi aspetto che mi dica che va bene così, che la gente che fa tanto casino per niente alla fine resta fregata, mentre io se faccio il mio lavoro e sto tranquilla verrò ripagata nel tempo (e senza colleghi che sparlano di me durante la pausa pranzo).
Mi dice invece che solo le persone che sanno andare oltre l'apparenza si accorgeranno del mio lavoro, che la maggior parte delle persone guarda più a come ti vesti, a come cammini, a come ti mostri. Mi dice che il lavoro del tal collega viene riconosciuto perché bestemmia, perché quando ha una scadenza gira per l'ufficio sbraitando come se ci fosse solo lui (quello che noi chiamiamo general mamager o cel'hasololui). Mi dice che a tal collega vengono assegnati gli incarichi perché ha sempre la gonna e i tacchi.
Mi dice "brava che hai messo il rossetto oggi, mettilo sempre". Mi dice di mettere di più la gonna e i tacchi. Mi dice "saluta bene il capo delle risorse umane, sorridi, fai le battutine, dimostra che ti interessa".

E io che sto facendo tutto questo lavoro per credere di più in me stessa, lavoro che sì, comprende cose stupide come mettere un tacco di 7 cm o un rossetto rosso o la gonna. Io che vedo una collega con una gonna plissettata, penso che ce l'ho anch'io, che la prossima settimana potrei metterla con la gonna in jeans ora che fa caldo e posso non mettere le calze.
Poi penso che a quello che mi ha detto il mio capo, penso che mi guarderà e con sguardo complice dirà "brava Michela, continua così".
E mi passa la voglia.


PS: il mio capo è una donna.

Da grandi poteri derivano grandi responsabilità

Ho un grande potere, secondo me, che è quello di rendermi conto quando sto pensando come una femmina isterica psicopatica, di dirmi da sola "Mic, stai pensando come una femmina isterica psicopatica, fai stop" e quindi di fermarmi prima di agire e parlare da femmina isterica psicopatica.

Diciamo la verità, siamo tutte femmine isteriche psicopatiche. Che lo vogliamo o meno, che lo ammettiamo o meno.
Ci sono quelle che lo mostrano e fanno diventare matti i fidanzati cambiando idea ogni 10 minuti con reazioni esagerate a piccolissime cose e il classico “Cos’hai? – No no, niente”. Ci sono quelle che cercano di limitarsi e allora a volte sembrano normali e poi sbottano tutto ad un tratto. Poi ci sono quelle come me che riescono a nasconderlo e sembrano persone equilibrate fuori ma muoiono dentro.

Sto negando, sì, quindi vuol dire che mi illudo di non esserlo, di non farlo, eppure so bene che non è così. Ho avuto i miei momenti di "No no, niente", mi arrabbio con nientissimo, sono felice e contenta e poi basta una parola sbagliata - sbagliata solo per me - e scatto.

Però alcune volte ce la faccio. Qualche giorno fa per esempio, conversazione tranquilla con l'ignaro collega (IC).
IC: Hai visto la Erica, si vede proprio che è dimagrita.
IO: Ehi anche io sono dimagrita e non me lo hai detto! 1° sintomo di psicopatia - situazione rimediabile
IC: Sì sì, madonna, si vede.
IO-dentro: *Ma si vede così tanto ma cosa dici brutto minchione mi stai dicendo che prima ero grassa brutto stronzo?*
IO-fuori: “Oh, grazie” mission accomplished - la dignità è salva

No niente, non lo so

Ho pubblicato un post ogni 2-3 giorni più o meno dalla metà di febbraio, una bella media. Non che mi interessi la frequenza con cui scrivo, non ho un "pubblico" da tenere sempre lì in sospeso. Ragionavo sul modo in cui tratto questo blog: passo settimane e mesi senza scrivere, poi mi prende l'ispirazione e butto giù 5-6 post alla volta, tutti insieme nel giro di un'ora e li programmo. Così sembro una che al blog ci va dietro, una blogger vera. Solo che poi succede che poi arriva un commento e lo leggo subito, perché mi arriva la notifica via mail e penso a questo devo rispondere, ma rispondo tra un po' sennò sembro sfigata che sto lì ad aspettare i commenti e me lo dimentico, e non rispondo più. E la storia della blogger va a farsi fottere.

Ci pensavo qua, seduta sul divano dei miei dal pc di mio fratello: ho smesso di portare il mio pc quando vado dai miei, troppa fatica: mi porto l'hard-disk così se faccio o scarico cose me le porto a casa. Mi sono anche ricordata di non salvare la password su Chrome, i miei non sanno nemmeno cos'è un blog ma non si sa mai. Sono stata brava no? 5 anni di blog e nessuno che mi conosce sul serio che sia riuscito a scoprirlo.
Quindi sono qua, seduta sul divano dei miei dal pc di mio fratello. Con la maglia del pigiama e i pantaloni della tuta, ho dormito con i pantaloni della tuta perché non so come mi sono ricordata di portarmi la maglia del pigiama ma non i pantaloni, non lo so. Con un maglione di mia mamma perché non ho un maglione di quelli vecchi per quando ho freddo.
Mi sono portata la valigia praticamente, il cambio buono per Pasqua, la roba da mettere oggi per tornare a casa. Il beauty case me lo sono ricordato stavolta, così non ho dovuto rubare la crema viso a mia mamma e il fondotinta, che il suo per me è troppo scuro e se lo metto sembro una che si è lampadata male. Anzi, mi sono portata roba in più da lasciare qua: un deodorante, un mascara e un correttore che non uso, una bottiglia di liquido per le lenti a contatto. Tipo una safety bag per quando torno e resto a dormire, che poi dimentico sempre qualcosa. Questa volta per esempio ho dimenticato il cerotto che avrei dovuto cambiare ieri sera.

Ho fatto il bonifico dell'affitto.
Ho scritto una mail.
Ho aperto il sito di Mango 7 volte, guardando il carrello con quella giacca e quella camicia, l'ho richiuso perché tanto non ho soldi nella poste-pay. Poi mi è venuto in mente pay-pal ma ho deciso che me li compro quando avrò perso almeno 3 kg e allora ho chiuso tutto, per l'ottava volta.
Ho scaricato il mondo, come gli animali che vanno in letargo sto facendo scorta di film e telefilm per affrontare la lunga settimana senza adsl. Ho scaricato di nuovo anche alcune delle *mie* commedie romantiche, non so perché la tv nuova non me le legge, e sono di nuovo nel periodo in cui ne guardo almeno una al giorno. Sono di nuovo nel periodo in cui ho bisogno di vedere gente che ce la fa per pensare che anche io ce la posso fare.
Ho scritto un post che non ha senso, per fortuna c'è la categoria nonsense.

Cover per Samsung: non pervenute

Lo so che siamo persone inferiori.
Lo so che non meritiamo di lamentarci e soprattutto non in pubblico.
Lo so che dovremo nascondere la testa sotto la sabbia e passare il tempo a cercare di rimediare ai nostri errori.
Lo so che se siamo recidivi ci meritiamo la galera.

Eppure esistiamo anche noi. Noi, possessori di Samsung. Siamo pochi, sfigati, guardati male, piccoli e neri come Calimero, però anche noi vorremo dei vestitini per i nostri telefoni. Qualcosa che non sia quella specie di agendina rigida in pelle col coperchio che fa tanto direttore di banca in riunione.
Perché non posso avere una cover di gomma deficiente? Una cosa talmente pacchiana che mi faccia vergognare quando sono in giro e smettere di avere il telefono sempre in mano? Perché Moschino fai le cover a forma di orsetto solo per gli iPhone?

Ho esplorato Amazon e Etsy, ho gugolato ogni possibile combinazione di "kitch - samsung - plastic - case - soft". Su Google "kitch" me lo da come errore di "kitchen", su Amazon non esiste e l'unica cosa che ho trovato che assomiglia a quello che cerco è una cover a forma di pinguino per S3, su Etsy anche se scrivi Samsung escono cover per iPhone.

Niente.

Però ho trovato due belle cover su Etsy: disegno minimal e colori neutri, però in legno. Roba che quando lancio il telefono sul letto questo rimbalza e si spaccano sia il telefono che la cover.



S - La nave di Teseo

In effetti non avevamo dubbi che JJ Abrams fosse un genio.
Bastano 4 lettere: LOST. Se siete tra quel 0.99% di persone che non l’hanno ancora visto guardatelo, se siete tra lo 0.01% di quelli a cui non piaciuto 1. L’uscita è da quella parte, 2. Fatevi curare.
Dicevamo JJ Abrams.
Leggo che ha scritto un libro, una cosa strana e diversa dal solito dicono, beh ovvio, non possiamo mica aspettarci una cosa normale da lui. Vedo foto di un libro che sembra antico, leggo che c’è un mistero, che ci sono delle note a margine. Dico beh, fico.
Poi vedo il prezzo, e costa. Ma come mai costa così tanto, è solo un libro, non lo so, vendiamo. Dico beh, magari più avanti. E me lo dimentico.
Qualche tempo dopo lo compra la mia amica Fede. La mia amica Fede mi dice “Mic compralo, è fichissimo”, e io ho appena compiuto gli anni e ho i famosi tristissimi soldi de “tieni e il regalo te lo scegli da sola” e allora senza sensi di colpa lo compro e santo cielo, È FICHISSIMO.
Io non voglio dire niente di più, perché dire qualcosa in più - qualsiasi cosa, toglierebbe una puntina di stupore al momento in cui lo compri, arrivi a casa, lo apri.


Vabbè, mi sa che un post per parlarne in modo decente lo faccio.

Per adesso voglio solo dire: JJ Abrams è un genio.

L'ennesimo post su come mi voglio vestire

Apro l'armadio e sbuffo. Giuro, sbuffo. E giuro anche che non sono una di quelle che compra compra compra e ha milioni di cose e dice che non ha niente da mettersi.
Tipo, quante paia di jeans è normale avere? Quante camicie? Ecco, di quelle ne ho diverse. Giacche? Cappotti? Scarpe?
Nei negozi invece è tutto brutto: frange da ultimo dei Mohicani, fiori troppo fiorati, stampe troppo stampate.

Il risultato è che voglio vestirmi come volevo vestirmi l'anno scorso, che è come volevo vestirmi l'anno prima, ecc ecc eppure non ci riesco. Anni che mi lamento che non mi vesto come voglio. Ma come voglio vestirmi? Ma che ne so, su Pinterest è tutto figo e io non riesco a mettere insieme due cose che mi piacciono e piacermi. Che sia il piacersi il problema? Eh, lasciamo stare, facciamo che che facciamo un punto della situazione.

Camicia+pantaloni.
Camicia da uomo: ampia, grande, larga e non mi vengono altri sinonimi. Sono sempre alla ricerca di quella azzurra perfetta. Io ho le spalle piccoline, le taglie da uomo anche più piccole sono grandi, troppo grandi. Come fo?
Camicia in seta o simil seta, è l'ora, è arrivata la temperatura giusta per sfoggiare le mie amate, l'esercito delle camicette. È l'unica cosa che comprerei sempre nei negozi.
Camicia in jeans o maglietta basic da portare con i pantaloni eleganti con la piega. Quest'anno ho visto anche un sacco di felpe in giro, ma come si portano le felpe senza sembrare una 12enne appena uscita da scuola?
Pantaloni: pantaloni neri con la piega, skinny neri o jeans, lavaggio scuro o più chiaro un po' strappato. Qui il dilemma è: io sono dotata di culo e vorrei dei jeans non elasticizzati, perché gli elasticizzati mi sembra facciano effetto insaccato, non li trovo e finisco per comprarli regular e dopo 2 lavatrici mi trovo con i pantaloni inesorabilmente larghi. Devo rassegnarmi all'elasticizzato? Devo dimagrire? (Sì)


Giacca/Blazer.
Intanto abbiamo capito che ci dobbiamo tirare su le maniche (comodo eh, comodissimo). Colori sempre quelli: nero, grigio, blu, beige. Forma classica, ma anche morbida e asimmetrica, ma anche oversize (ne avevo visto uno molto bello da H&M ma non l'ho preso perché tanto lo so che dopo 2 volte che lo porti è orrendo e ho deciso che basta H&M e simili).


Borse.
Capitolo 1, grande.
Mi sa che mi piace il secchiello, porca vacca. Lui: quello di Mansur Gavriel, costa troppo. Ce n'è uno di Furla che è in pelle e ha un prezzo accettabile. Non mi sono ancora decisa perché il secchiello è una borsa che ho sempre odiato, è ovvio che adesso mi piace perché lo vedo ovunque e mi faccio influenzare, quindi ho paura che tra un paio di mesi lo odierò di nuovo e allora forse sarebbe meglio cercarne uno che costi poco per togliersi lo sfizio. No, quello di H&M è carino ma a toccarlo sembra fatto con due fogli di carta A4 messi insieme con la pinzatrice.
Poi ne vorrei una grande, classica, nera. Potendo mi butterei sulla classica Prada o sulla Miss Sicily. Non potendo cerco alternative (spoiler: non le trovo).
Capitolo 2, piccola.
D'estate, solo d'estate, mi piacciono le mini-bag ma non proprio mini mini, diciamo quelle in cui l'essenziale riesci comunque a mettercelo. Mango quest'anno ci ha fatto il piacere di copiarle tutte: Celine Trio, Proenza Schouler 11 e Proenza Schouler Book bag e una circa Celine classic box e il problema è il solito, cioè sembreranno oppure di no di cartone? [Ho già bocciato la Celine Trio]


Scarpe.
Il grande dubbione. Posto che io dico no agli stivali e stivaletti d'estate, se c'è gente che vuole farsi crescere vegetazioni e animalini tra le dita dei piedi prego fate pure ma io continuerò a guardarvi male perché no, se fa caldo potete lavarvi quanto volete ma fa comunque schifo, anche perché poi siete le stesse che si mettono i sandali e il giubbino in pelle appena spunta il primo sole in febbraio anche se ci sono 5 gradi, quindi siete sceme e basta.
Dunque le scarpe. Le alternative sono ballerine e stringate, è un po' una noia ma non mi piace altro. I mocassini no, slippers nemmeno, le scarpe da running le metto per andare a correre, ho un paio di New Balance ma le uso tipo nei giorni di pioggia. La variazione potrebbero essere le ballerine a punta o con i laccetti, ma non so se sono comode/avrei il coraggio o sembrerei probabilmente un insaccato.
Ah sì, dopo anni e anni a odiarle fortemente sono andata in fissa con le slip on, e in particolare con le slip on portate in un certo modo che è poi come ho scritto sopra fin qua: blazer, camicia, jeans. E quindi ho comprato le slip on.
Non so, altre idee non ne ho.

11 utilissimi consigli per iniziare a correre

Come ormai saprete ormai da qualche tempo ho iniziato a correre, ne ho parlato in tutti i social e un sacco di persone tra i tantissimi che mi seguono hanno iniziato a chiedermi consigli, a scrivermi via mail e su facebook e su twitter per chiedermi di aiutarli. Ho perfino trovato dei murales sotto casa e vi prego amici, vi voglio bene, ma il vicino di sotto già scrive una volta al giorno nel gruppo whatsapp del condominio per lamentarsi, se dice qualcosa lo mando da voi.
Allora ho detto beh, ho un blog, ci faccio un post!

Collage di foto rigorosamente trovate su Pinterest

11 utilissimi consigli per iniziare a correre [perché Letterman ne fa 10 (cit.)]:
  1. Comprare un paio di scarpe, no le Superga non valgono, no le All stars neanche, no le Adidas Stan Smith nemmeno e tra l'altro erano brutte 15 anni fa e sono brutte adesso quindi dovreste proprio smettere. Decidete se volete essere team Adidas o team Nike e mi raccomando, una volta che avete deciso denigrate l'altro brand dicendo che sono brutte, che non sostengono bene il piede e non ammortizzano abbastanza. Oppure potete anche scegliere altre marche ma a vostro rischio e pericolo perché vi guarderanno storto.
  2. Le scarpe per correre si comprano nei negozi dove vendono scarpe sportive.
  3. Dovete comprate un reggiseno sportivo. Il reggiseno sportivo è indispensabile per reggere il seno, infatti per questo si chiama reggiseno. Ma soprattutto serve per farsi le foto allo specchio ed è ottimo se non siete di quelle zoccole che mostrano le tette sempre con didascalia "noia/occhiaie/ironia a caso" ma comunque volete mostrarvi e ricevere complimenti, perché alla fine mostra poco. Le foto vanno fatte prima di andare a correre (non dopo, che se avete corso vi si spettinano i capelli e siete sudate e fate un po' schifo)(se invece correte per finta solo per dire in giro che correte perché correre fa figo ve le potete fare anche dopo, tanto sarete perfette).
  4. Bisogna indossare indumenti comodi: collant, jeans skinny di quelli che li infili e poi saltisaltisaltisaltisalti finché riesci a far entrare le cosce, maglioni a collo alto in cashmere, la sottoveste quella comprata per fare la foto in controluce da mettere su pinterest, camicie in seta, gonnellone plissé, statement necklace, la giarrettiera può dare un po' fastidio così come il bustino coi laccetti e gli slip di pizzo, però se sapete che lungo il percorso incontrate qualche figo che vi interessa io un pensierino ce lo farei comunque.
  5. Vestirsi a seconda della stagione: in estate leggeri perché fa caldo, in inverno più coperti che fa freddo. Usate vestiti traspiranti perché suderete, quindi non arrotolatevi con il domopak.
  6. Trovate un percorso dove si possa correre tranquillamente: un parco, una pista ciclabile, anche una strada larga dove non rischiate che le macchine vi prendano sotto. Non andate a correre di sera col buio nei posti dove ci sono i drogati, oppure sì se siete interessati a fare shopping mentre riprendete fiato.
  7. Non dovete partire e correre subito velocissimi ma andare piano e un po' alla volta.
  8. Non correte all'indietro. Lo so che a volte si vedono tipo i calciatori che lo fanno durante l'allenamento ma state attenti che è pericoloso e vi capottate.
  9. Vi sarà utilissimo un cardiofrequenzimetro ma mi raccomando: non quello di Decathlon da 19.99 €, spendete almeno un 100-150 € per comprare una cosa seria di quelle che misurano il polso la pressione e anche il colesterolo e la glicemia, se poi non lo sapete usare e non avete idea di quale sia il battito che dovete mantenere durante la corsa chissene, farete un figurone davanti agli altri runner, sembrerete proprio dei professionisti.
  10. La musica è ottima per distrarvi e non pensare continuamente alla fatica, serve anche a dare la carica quindi scegliete qualcosa vi piace e che abbia ritmo e vi gasi un casino, quindi magavi evitiamo il genere Wagner e Rossini e magari anche Damien Rice e Jeff Buckley.
  11. Definitevi "runner" con chiunque, con gli amici, i genitori, la vicina di casa vecchia che vi chiede di aiutarla a portare la spesa "no signora non posso aiutarla a portare la spesa, sono un runner e non posso interrompere il ritmo".
Allora, tutti pronti a partire?
Se avete altre domande sono a disposizione!

La brutta vita di noi insicuri

Siamo un sacco rompiballe noi insicuri.
Il bisogno di continue rassicurazioni che finisce per mandare a male le persone che provano a volerci bene, che alla fine si stancano e ci lasciano al nostro destino a convincerci ancora di più che non valiamo la pena.
Per noi la necessità di avere l’approvazione altrui è una necessità che ci permette di poterci approvare da noi. Siamo privi di quel gene del DNA che fa pensare di essere abbastanza carini, intelligenti, simpatici, brillanti: noi crediamo di essere abbastanza carini, intelligenti, simpatici, brillanti solo nel momento in cui ce lo dice qualcun altro e solo dopo una serie di “Ma sei sicuro? Ma non è vero, no secondo me no. Ma sicuro sicuro?” che la risposta “No, allora hai ragione tu, non sei abbastanza” un po’ ce la meritiamo. A un certo punto però succede, ci crediamo, però al massimo per 10 minuti, e poi torniamo a rompere le palle.

Dolci con nomi fighi: Crostata con lemon curd e coulis di frutti di bosco

È domenica e la domenica dovrei raccogliere cosine che fanno ridere, però sono tristolina e allora niente cose che fanno ridere ma ehi, ho fatto un dolce!
Ero secoli che non facevo un dolce, a casa mia se li faccio mi tocca mangiarmeli tutti da sola e non mi sembra il caso, e poi sarei sempre più o meno in dieta [nei TANTI periodi di depre rimedio comunque comprando cose obese pronte da mangiare, don't worry].
Ma oggi sono dai miei e ho potuto finalmente sfogare la frustrazione con un dolce da due ore di preparazione e ventordici teglie sporcate, l'ammmmore.

Doveva essere una Crostata con crema pasticcera e lamponi freschi, ma dato che la malsana idea di mi è venuta di domenica mattina alle 7 è diventata una Crostata con lemon curd e coulis di frutti di bosco. Vabbè mica male, il nome fa un sacco più figo.
Ah, è senza lattosio.

1. Pasta frolla
300 g farina - 100 g zucchero - 80 g margarina - 2 uova - sale - scorza di limone
Impastare tutto insieme con la margarina fredda, fare velocemente un panetto e lasciarlo riposare in congelatore per almeno mezz'ora. Poi stendere l'impasto in una teglia creando un bordino alto intorno (se avete quella teglia apposita per fare le crostate che tutto intorno ha il buco per fare il bordino perfetto bravoni, io l'ho chiesta in prestito).
Cuocere per 20 minuti a 180°, intanto preparate la lemon curd.

2. Lemon curd
2 limoni - 3 uova - 200 g zucchero - 100 g margarina - 30 g maizena
A questo punto servono le 14 pentole: nella prima grattugiare la scorza dei limoni, spremere il succo, aggiungere la maizena e mescolare bene. Nella seconda mettere le uova e sbatterle leggermente. Nella terza mettete la margarina e fatela sciogliere a bagnomaria, poi aggiungete lo zucchero. Aggiungete poi il succo di limone e le uova e fate cuocere la crema fino a che non si addensa.

Quando il guscio di frolla è pronto aggiungere la lemon curd e cuocere per altri 5 minuti (se siete quei bravoni che hanno la teglia apposita il guscio lo dovete tirare fuori e girare eh, non fate gli scemi).

Lasciar raffreddare la torta.
Ora, se l'impellenza di fare un dolce non vi è venuta alle 7 di domenica mattina potete tranquillamente comprare dei lamponi e appoggiarli sopra la lemon curd in modo ordinato e spolverare tutto con zucchero a velo.
In caso contrario: punto 3.

3. Coulis di frutti di bosco.
300 g di frutti di bosco congelati
Ci andrebbero gelatina e zucchero a velo (ancora), ma ho deciso che volevo fare una cosa più naturale e lo zucchero era già abbastanza quindi ho semplicemente scaldato i frutti di bosco a fuoco basso, finché si sono scongelati e hanno fatto la cremina, poi li ho distribuiti bene sopra la lemon curd.

Ready.
Instagram.
Go.

Una cosa un po' triste

È una settimana che c’è il sole e sono destabilizzata.
Io amo la primavera: smetto di avere sempre freddo, i vestiti sono più belli e posso tirare fuori l’esercito delle camicette, gli ormoni volano e mi ritrovo a sbavare indistintamente su fighetti in camicia e giacca con fazzolettino nel taschino e su tecnici che sostituiscono estintori con le scarpe anti-infortunistiche, sbavo anche per interposta persona sugli inciuci delle mie amiche, posso mettere gli occhiali da sole senza sentirmi scema, faccio le passeggiate e mi compro il gelato e me lo mangio da sola seduta sugli scalini, mi metto al sole in modalità lucertola, anche se nei mesi con la R non si sta al sole perché fa venire il raffreddore, lo diceva la nonna.
In primavera ho sempre questa sensazione di inizio che ho un po’ anche all’inizio dell’anno, quella sensazione che molte persone hanno invece a settembre. Questo pensiero che le cose cambieranno, una grande voglia di essere felice - di farcela ad essere felice, che si trasforma in una grande tristezza quando alla fine mi rendo conto che no, non ce la faccio.

Non lo so se ha senso, se si può essere tristi per la voglia di essere felici.

Sui blog

Quello che penso dei blog, è che non mi piacciono i post che parlano di blog, come questo.
Non mi piacciono i post in cui il blogger si rivolge ai lettori, mi piace pensare che il blog sia una cosa che si fa per sé stessi e non per gli altri. Mi piacciono i post scritti come se fossero per nessuno, come se nessuno li dovesse mai leggere.
Non mi piacciono i blog che devono per forza insegnare, che devono essere utili.

Non mi piacciono i blog nati e scritti per cercare di "diventare famosi": le recensioni wannabe professionali che gridano ai brand "guardami guardami e mandami le cose gratis", pagine Collaborazioni scritte come se le aziende non aspettassero altro che mandare roba "ma ehi io non pubblico tutto, pubblico solo quello che mi piace", che ti fa pensare che questi ricevano chissà quanta roba di pessima qualità e invece poi te li ritrovi a ringraziare per aver ricevuto un deodorante, ma quello che non dicono è che sono stati loro a chiederlo.

Non mi piacciono i lettori trattati come fan adoranti.
Non mi piace quando il blogger chiede "di cosa volete che vi parli?". Perché dovrei volere che tu mi parli di qualcosa in particolare? Chi sei? Il messia? Inoltre, se ti leggo è perché mi piace cosa scrivi e come lo scrivi, se devo essere io a dirti cosa scrivere cade il senso di tutto o sbaglio?

Non mi piace quando il blog cambia le persone.

Li volete i miei libri brutti?

La penultima novità in tema di libri è che ho comprato la libreria, ho portato alcuni libri da casa dei miei, i preferiti, ma non li porterò tutti perché vorrei riempirla di libri nuovi.

L'ultima novità è che mi sono iscritta a Bookmooch, quel sito in cui fai un inventario dei libri che vuoi dare via, la gente te li chiede e tu glieli invii. In questo modo accumuli punti che puoi "spendere" per ricevere libri a tua volta.
Ho inserito i libri che proprio non mi interessano e quelli che mi fanno un po' vergognare: l'Allende che leggevo a 14 anni, un paio di Baricco che non ho idea del perché li avessi comprati, tutta la bibliografia di Faletti per il quale mi sono anche sentita un po' in colpa, porino, è appena morto.
Il sistema è abbastanza semplice, anche se il sito è fatto veramente male: vecchio vecchio e vecchio, brutto, non c'è un'app e la versione mobile non ha tutte le funzioni del web, non c'è una cronologia dei messaggi che ti scambi con una persona, o almeno, io non l'ho ancora trovata.

È stato un ingresso traumatico perché sono stata subito bullizzata da un utente che si è incazzato perché dopo due giorni non gli avevo risposto e mi ha dato dei feedback negativi. Dovevo ancora capire come funzionava il tutto e poi SCUSA SE HO UNA VITA SAI. 
Che poi i suoi messaggi li avevo visti, ma ero ancora un po' indecisa sul voler dare via i miei libri. Sì, anche Baricco.

La gente scema non manca: è servito uno scambio di 14 messaggi perché una persona accettasse di ricevere il mio Novecento: "ma in che condizioni è? mi potresti mandare delle foto? ma come mai hai accumulato feedback negativi? ah ok, ti credo, spedisci pure" OOOOH AMICA "TI CREDO"? Tutte queste storie per ricevere gratuitamente un librino di tipo 80 pagine con prezzo di copertina di 5,00 €, fra un po' spendo di più io tra busta e francobollo che tu a comprartelo, STAI TRANQUI.
Un'altra tizia mi ha richiesto Pride and Prejudice, con tanto di editore, copertina e lingua indicata per poi scrivermi, quando ormai avevo inviato il libro "ma è in italiano o in inglese?".

Lo scambio è molto veloce, il primo giorno me ne sono andata in posta con 5 pacchetti. Baricco è richiestissimo (...).
Ho compilato una wishlist lunghissima.
Ho richiesto alcuni libri ma non ho ancora ottenuto risposta. Adesso faccio la stronza e gli do pure io i feed-back negativi.

Se qualcuno è iscritto aggiungetemi, io sono micamichela.

E fattela 'na risata #3 [cute animali edition]

Questa sono io la mattina, quando mi tolgo il pigiama in pile con cui ho dormito tutta la notte.


Chissà cos'hanno le banane per sembrare così pericolose agli amici gatti.


Forse stanno iniziando a piacermi i gatti, sarà la vecchiaia incalzante e questo stato di single perenne che mi costringe ad iniziare ad abituarmi a un futuro da zitella gattara. Comunque, il gatto volante fa ridere abbastanza, ma fa ridere anche la faccia di lei.

McDonald's e la campagna Big 6

Ebbene, io sono di quelli che quando sfoglia un giornale passa più tempo a guardare la pubblicità che a leggere gli articoli. Nelle pause dei film non cambio canale e rabbrividisco di fronte alla mamma Mellin che è la persona più odiosa della tv e sarebbe invece la perfetta protagonista di uno spot di anticoncezionali. Amo Mad men più che per Don Draper (Don ti odio) per vedere il processo creativo.

Quando ho visto per la prima volta la nuova campagna McDonald’s ero gasata in un modo che manco l’avessi ideata io.

L’avete vista? Vedetela.


Cioè ci rendiamo conto?

Non ci sono gli ingredienti.
Non c'è slogan.
Non c’è il nome del prodotto. Perché? Perché non serve. Questi minchioni sono talmente famosi e grandi e riconoscibili che possono permettersi di fare quello che vogliono.
Il logo c'è, ma è talmente piccolo e chiaro che quasi non si vede anzi, sembra la R di marchio registrato o il TM di trade mark. 

Una grafica che potrei probabilmente fare anch’io con le mie poche conoscenze su Illustrator, eppure li sento tutti i creativi del mondo digrignare i denti per l’invidia.

Il superpotere di dormire da soli


Una delle paure più grandi che avevo prima di andare a vivere da sola era che non sarei stata in grado di dormire da sola.

Ho sempre avuto le mie piccole ossessioni: da piccola sognavo molto e finivo per passare la metà delle notti sul letto dei miei, una volta cresciuta ho iniziato ad avere bisogno del silenzio assoluto per sentire anche il minimo rumore. Anni a svegliarmi a causa dei rumori di assestamento degli armadi, ma anche i vostri armadi si assestano e sempre di notte o è una palla che mi hanno raccontato i miei per farmi stare buona? Fino a qualche anno fa non potevo essere l’ultima ad andare a dormire, tanto da interrompere qualsiasi cosa stessi facendo se gli altri andavano a letto: non dovevo essere l’ultima a spegnere la luce, anche solo per pochi secondi.

Nella casa nuova non ho mai avuto paura: sarà che so che c’è gente che abita sotto e vicino a me, sarà che entra sempre luce e non è mai buio completo, sarà l’orso Orso sul comodino pronto a gestire qualsiasi situazione di emergenza, ma in 6 mesi non c’è stato chissà che bisogno.

Ok no, ci sono state tre volte in cui me la sono fatta sotto:
  1. L’invasione della falena gigante: avevo traslocato da poche settimane, faceva caldo quindi dormivo con i lucernari leggermente aperti. Mi sveglio verso l’1 e al buio faccio per prendere la bottiglietta d’acqua dal comodino e sento una cosa che mi si attacca al dito, infartuo, scrollo la mano con una violenza che per poco mi si stacca la mano. Inizio a guardarmi intorno senza sapere cosa cercare e poi la vedo lì, brutta, orrenda, beige e gigante, appoggiata sul letto. Voi dovete capire che io ho lo schifo di tutti gli insetti, anche delle più innocue formiche, ma il terrore più grande è per quelli duri che volano come i cimici e le cavallette, figuriamoci se sono GIGANTI. Ho i brividi solo a ripensarci. Che faccio allora? Vado giù a recuperare la scopa, per boh, ucciderla? Torno su con la scopa e non c’è più, dov’è finita? Boh. Giuro che ho pensato di uscire, prendere la macchina e tornare dai miei, in fondo erano le 2, sarebbe stato come se fossi uscita e tornata dopo una serata fuori. Non l’ho più trovata: con la luce accesa e la scopa accanto al letto ho cercato di dormire ma non ci sono più riuscita, ogni rumore che sentivo sembrava quella cosa che tornava a volare, mi pareva che ogni nodo delle travi in legno fosse un insetto che si muoveva. Verso mattina mi sono assopita e lì TAC, mi ha svegliato il rumore delle sue ali che sbattevano contro il soffitto. Insomma per farla breve mentre io vagavo per casa rasente ai muri con la tachicardia a mille, quella cosa è volta al piano di sotto e mentre io aprivo ogni finestra possibile e immaginabile si è infilata nel bagno, che ho maturamente lasciato chiuso per tre giorni.
  2. Il rumore molesto n. 1, in cui temevo che qualcuno stesse picconando il tetto per capitarmi sul letto, mentre la mattina ho scoperto che si era staccata la ventosa della mensolina della doccia ed erano crollate a terra 14 bottiglie tra shampoo, balsamo e maschera.
  3. Il rumore molesto n. 2, durante il quale credevo ci fosse tipo una scossa di terremoto, salvo poi scoprire che c’era una tempesta in corso e io avevo lasciato il balcone della porta finestra sganciato, e questo continuava a sbattere contro la casa provocando un rimbombo incredibile.
C’è poi quella fissazione – che ho scoperto essere comune a molti – che se stai dentro il perimetro del materasso i mostri che sono sotto al letto non ti possono prendere, così come se sei coperto con il lenzuolo fino al naso le coltellate degli assalitori non ti faranno male. Quante estati a morire dal caldo sotto le lenzuola perché si diceva ci fossero i ladri in giro. Per la cronaca la testa non vale perché immune.

Il lavoro più bello del mondo e cose di cui abbiamo assolutamente bisogno

I gadget. 
*Sospiro* 
I gadget.

Quanto sarebbe bello per lavoro sviluppare minchiate.
Come nel film di Aldo, Giovanni e Giacomo in cui uno di loro che creava le sorprese degli ovetti Kinder [sì, uno l'ho visto, ho molto peccato]. Conoscevo un ragazzo che faceva il product manager da Giochi preziosi, cioè lui sviluppava i giochi: non la meccanica ma l'idea, la struttura, il packaging, la comunicazione. Non riesco ad immaginare niente di più bello. 
Io lavoro in R&S, è vero, ma nel settore food, e sviluppare ricette e menù è bello e per alcuni versi simile. Ma questo signori, sarebbe un sogno.


Provate a pensare per un momento alla persona che ha creato quest'orsetto qui: non vi da l'idea di essere la persona più felice del mondo? 
Non vi viene forse da immaginarvelo seduto ad una scrivania mentre giocherella con la matita sul foglio bianco, in preda alla disperazione, mentre guarda l'acqua del suo the diventare più scura ogni momento che passa. E a un certo punto boh, il filo della bustina si incastra sulla matita ed ecco l'idea geniale.
Mi esce l'invidia anche dalle orecchie. 
Sì, lo so che non è molto normale, non riesco ad invidiare la Ferragni con i suoi mille viaggi a settimana, i soldi, i regali, gli articoli sui giornali, ma se penso a chi per primo ha pensato a questo cosino qui, alle riunioni di ore e ore chiusi in una stanza a parlare di materiali, di produzione e di tutto quello che viene dopo. Mi vengono brillano gli occhi.

È questo che mi viene in mente quando vedo certe *cose*.
Poi penso anche che mi servono TUTTE.





Cose che ho visto e letto #1

Nonostante io abbia un’ottima memoria, per il quale passo la metà del tempo a vantarmi e la metà a vergognarmi per non fare la figura di quella creepy che si ricorda i minimi dettagli di quello che mi hai raccontato due mesi fa a proposito di tua cognata. Nonostante questo, ho dei terribili vuoti di memoria: com’è finita con Luca il mio morosetto della prima superiore? L’ho mollato io? Mi ha mollato lui? Abbiamo finito gli sms gratuiti della Christmas card e abbiamo semplicemente smesso di sentirci? 

Oppure, chi mi ha consigliato questo libro? Perché ce l’ho sul Kindle? Me lo sono ritrovata davanti senza ricordare quando e come l’avessi scaricato, ma con una sensazione molto forte di doverlo assolutamente leggere che non sapevo da dove veniva. Qualche giorno dopo l’ho visto fotografato su Instagram da una fashion blogger e mi sono ulteriormente confusa.

Il libro è Stoner di John Williams, un libro bello che racconta la storia di una persona comune, noiosa, una persona qualunque e totalmente trascurabile. O forse no, forse è interessante e intelligente e ha segnato le vite delle persone che ha incontrato.
Mi fa sorridere pensare che le prime pagine sono lente e noiose, magari qualche volte pensi anche che non ne valga la pena. Come il protagonista? Poi invece ti ci ritrovi dentro e vorresti abbracciarlo, dargli una mano, una carezzina sulla testa, e il libro non lo metti più giù.
Ho cercato e non ho trovato una recensione negativa.


In ritardissimo rispetto agli altri anni ho iniziato la mia personale maratona dei film candidati all’Oscar, iniziando da La teoria del tutto, dopo aver letto commenti entusiasti e aspettandomi grandi pianti. Sono rimasta un po’ delusa non perché il film non mi sia piaciuto, ma perché avevo aspettative molto più grandi.
I personaggi sono molto belli e gli attori sono bravissimi: lei bella nei suoi abitini bon ton, lui ha vinto l'Oscar e me l'aspettavo, è bravissimo a interpretare il decadimento fisico, in alcuni momenti è perfino difficile da guardare. Ecco, forse sono più belli i personaggi di quanto lo sia la storia, perché diciamo che succede molto poco. E purtroppo non riesco a non fare il confronto con A beautiful mind, che è uno dei miei film preferiti.


Di Shameless non si parla abbastanza, e non capisco perché. Shameless fa piangere, ridere e incazzare, certe volte tutto insieme che non sai più neanche cosa pensare. Ti fa venire voglia di vivere in una famiglia di disadattati. 
Credo che Frank Gallagher sia uno dei personaggi maschili più incredibili delle serie tv degli ultimi anni, tanto quanto Walter White o Walter Bishops, di certo Fiona è il personaggio femminile migliore che io abbia mai visto. Ma è impossibile non voler bene a tutti, TUTTI, anche agli stronzi antipatici. Però non è come nelle altre storie in cui gli stronzi antipatici hanno il cuore tenero e alla fine si redimono. Questi sono stronzi antipatici di quelli che a un certo punto, quando tu credi sia il momento di arrendersi e scoprire il loro lato buono, quando pensi che peggio di così non si possa fare, beh, va peggio. Siamo alla quinta stagione e continua a migliorare. Ho visto le 6 nuove puntate in tre giorni, alcune scene le ho guardate più volte.

L’unico difetto è che sono solo 12 puntate a stagione.

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