Valutazione annuale a lavoro: "Michela, metti di più il rossetto"

Quindi c'è stata la valutazione annuale a lavoro.
Chiunque sia capo di qualcuno deve compilare questa scheda in cui vengono valutate cose importanti come la cura degli strumenti di lavoro, l'atteggiamento con i colleghi, l'autonomia, le competenze di marketing. Nessuno sa perché nella valutazione generale siano inserite le competenze di marketing, in un'azienda come tutte composta da ufficio marketing sì, ma anche commerciale, R&S, acquisti, manutenzione, design, amministrazione.
La valutazione è da 1 a 5. Le mie competenze di marketing mi insegnano che in un questionario è meglio mettere un numero pari di risposte, altrimenti si rischia che tutti rispondano il valore medio. Con un numero di risposte pari invece anche chi vuole dare un voto medio è costretto a dare una preferenza verso il basso o l'alto. Vabbè, facciamo che a quelli delle risorse umane sul marketing mettiamo 1 e via.

Il mio capo mi convoca e mi mostra la mia scheda, mi dice che ho una media superiore ai voti degli altri (che lei non ha visto, ndr). Mi dice che sono cresciuta molto nell'ultimo anno, che lavoro bene, che mi lascia fare perché vede che sono autonoma, che sono molto brava a organizzare il mio lavoro e a coordinare quello dei miei colleghi. Mi dice che so capire le priorità tra i vari lavori e in caso di crisi so quando è importante rispettare le scadenze a costo di un lavoro frettoloso, e invece quando il lavoro frettoloso non va bene ed è meglio ritardare un po' ma fare bene.

Poi mi dice che sono una persona discreta, che non perdo tempo in chiacchiere, che non sono una che si fa vedere a tutti i costi. Mi aspetto che sia un complimento, mi aspetto che mi dica che va bene così, che la gente che fa tanto casino per niente alla fine resta fregata, mentre io se faccio il mio lavoro e sto tranquilla verrò ripagata nel tempo (e senza colleghi che sparlano di me durante la pausa pranzo).
Mi dice invece che solo le persone che sanno andare oltre l'apparenza si accorgeranno del mio lavoro, che la maggior parte delle persone guarda più a come ti vesti, a come cammini, a come ti mostri. Mi dice che il lavoro del tal collega viene riconosciuto perché bestemmia, perché quando ha una scadenza gira per l'ufficio sbraitando come se ci fosse solo lui (quello che noi chiamiamo general mamager o cel'hasololui). Mi dice che a tal collega vengono assegnati gli incarichi perché ha sempre la gonna e i tacchi.
Mi dice "brava che hai messo il rossetto oggi, mettilo sempre". Mi dice di mettere di più la gonna e i tacchi. Mi dice "saluta bene il capo delle risorse umane, sorridi, fai le battutine, dimostra che ti interessa".

E io che sto facendo tutto questo lavoro per credere di più in me stessa, lavoro che sì, comprende cose stupide come mettere un tacco di 7 cm o un rossetto rosso o la gonna. Io che vedo una collega con una gonna plissettata, penso che ce l'ho anch'io, che la prossima settimana potrei metterla con la gonna in jeans ora che fa caldo e posso non mettere le calze.
Poi penso che a quello che mi ha detto il mio capo, penso che mi guarderà e con sguardo complice dirà "brava Michela, continua così".
E mi passa la voglia.


PS: il mio capo è una donna.

12 commenti:

  1. Per me qui siamo al limite del mobbing.
    È una cosa veramente assurda.

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  2. Ti capisco, forse troppo.
    Io sono una che fa poche domande, semplicemente perchè mi piace ascoltare e non mi piace come si suol dire aprire la bocca per dare aria i polmoni. Eppure questo viene visto come poca proattività. Come se solo chi rompe i coglioni anche su cose davvero insulse e stupide a cui ci puoi arrivare da sola solo se attivi un po' il cervello va bene.


    Capisco te e quel tuo "mi passa la voglia". Ciò che non capisco è il motivo per cui si dia così tanto importanza all'apparenza anche se, spesso, non supportata dalla sostanza e non il contrario.

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  3. Non dargliela vinta.
    Sere fa leggevo sullo Spegel la storia di una donna che lavora a New York per Saatchi&Saatchi. Due anni fa, per risparmiarsi la seccatura di scegliere ogni giorno gli abiti migliori, ha deciso d'indossare sempre lo stesso abbinamento: camicia bianca e pantaloni neri. Unico vezzo: un fiocco legato attorno al collo. Argomentando che, analogamente agli uomini che portano giacca e cravatta, quella fosse la sua divisa e che perlomeno così poteva concentrarsi sull'essenziale: il suo lavoro. Se vuoi ti linko l'articolo di Harper's Bazaar in cui si parla di lei.

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  4. Per me, per come mi dice le cose no... ma solo perché so che tipo è.

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  5. Non gliela darò vinta perché non è così che sono fatta. Però mi da fastidio perché so che ogni volta che metterò una gonna o mi truccherò in modo diverso lei lo ricondurrà a quello.

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  6. La mia ex capa mi aveva ripreso dicendo che ero troppo "dimessa", molto seria e molto riservata. Traduzione = vestivo in modo semplice e non le davo confidenza.

    Il fatto che gestissi da sola un ufficio in cui prima erano in 3 e fossero tutti soddisfatti del mio lavoro era passato in secondo piano.
    L'apparenza fa tantissimo, purtroppo, e anche la faccia da culo.
    Le cape donne che boicottano le colleghe e le collaboratrici (per delle cazzate poi) sono pessime.

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  7. Ti capisco molto bene quando dici che ti passa la voglia!! come dire che per far vedere il tuo lavoro devi essere appariscente. io che vado in ufficio in maglietta e jeans tutti i giorni non lo sopporterei! una deve avere la libertà di conciarsi come caspita vuole in un posto dove sta tanto tempo come l'ufficio.. boh guarda le donne col potere certe volte (la maggiorparte) sono insopportabili... ti sono vicina!

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  8. Ecco e poi ci chiedono perché serve ancora il femminismo. Mi dispiace, Michela, mi dispiace che hai dovuto sentirti dire queste cose, e non penso te l'avrebbe detto se tu fossi un uomo. Anche se lei é una donna - le donne a volte sono i peggiori nemici di se stesse. Mi é rimasto impresso l'ultimo passaggio di questo post, quello dove dici che vorresti metterti la gonna o truccarti diversamente ma ti dá fastidio l'idea che lei possa pensare che lo fai per 'stare al gioco'. Anche io avrei avuto la stessa sensazione. Mi viene spontaneo dire che io avrei detto qualcosa, che avrei fatto notare che queste sono cose senza senso, che siamo qui per lavorare, che una mentalitá che punta sull'apparenza va combattuta e abolita. Peró ripensandoci sono sicura che se mi ci fossi trovata, al posto tuo, sarei talmente scossa che sarei rimasta muta come un pesce. È triste, veramente triste, e credo che c'é differenza tra farsi notare per il proprio lavoro (invece di stare in silenzio a testa bassa) e farsi notare per la gonna e i tacchi. Mi dispiace e spero in futuro ti possa trovare in un ambito dove potrai essere valorizzata per il tuo lavoro.

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  9. Sara Scavolini11/05/15, 11:10

    No, che tristezza! Più leggo queste cose, più apprezzo il mio posto di lavoro...
    Coraggio, basta alle gonne, il rossetto sì, però...
    :D

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  10. Perché basta alle gonne?

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  11. In realtà mi sono messa a ridere e lei ha capito "sí vero è assurdo, lo dico anch'io, ma è così". Mah.

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  12. Sara Scavolini11/05/15, 14:28

    No, ripensavo alla scena che tu pensavi alla gonna e poi pensavi a quel che ti aveva detto la "capa" e ti è passata la voglia.

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